RISULTATI E PROSPETTIVE

 

1. UNO SGUARDO A QUALCUNO DEI RISULTATI

C'è una domanda che credo vi facciano spesso: i vostri metodi danno buoni risultati? che cosa rendono?

Sì, questa domanda ci viene spesso rivolta. Confessiamo anzitutto che è alquanto puerile. Chiedere ad un metodo apostolico di dare prove di sè con risultati tangibili, è un voler misurare i fenomeni spirituali con strumenti di precisione. Un metodo potrebbe essere ottimo, senza però concludere con risultati apparenti. Le cose della fede sono del dominio invisibile, e solo Iddio può valutare il rendimento esatto d'uno sforzo apostolico. Talora un'opera lanciata con gran rinforzo di propaganda avrà un successo strepitoso che, dopo qualche anno, andrà in fumo. Talora invece un'altra, cominciata fra le difficoltà e nel silenzio, si svilupperà meravigliosamente dopo un lungo lavoro faticoso. E del resto, come conoscere tutti gli elementi che entrano in giuoco in un lavoro di apostolato? Circostanze di luoghi, di tempo, di persone: quante cose imponderabili influiscono sopra il risultato! Anche esaminandolo in sé stesso, com'è difficile essere giusti e com'è facile ingannare noi stessi o gli altri! Voi conoscete quello che è stato chiamato «il terzo modo di mentire»: dare statistiche esatte. Noi diffidiamo perciò sempre del successo proclamato in apostolato: rendiconti di bollettini parrocchiali, rapporti stabiliti per le visite pastorali, bilanci di Congressi di questo o di quello... È facile lumeggiare una prospettiva, porre in rilievo un piccolo trionfo, ridurre la portata di una sconfitta.

Nei primi tempi in cui cercavamo d'orientare la nostra parrocchia in un senso missionario, un interlocutore affezionato disse ad uno di noi:
— L'essenziale è che abbiate successo e possiate dimostrare fra qualche tempo che i metodi da voi usati sono buoni.

L'esperienza che già avevamo del ministero ci insegnava che egli s'ingannava e che i risultati in cifre e misure non erano gran cosa. Dentro di noi abbiamo sorriso della sua ingenuità e ci siamo affidati alla Provvidenza, confidando in essa più che nelle dimostrazioni matematiche dei nostri principi di apostolato.

Ma la Provvidenza vi ha favoriti in un modo che possa essere tangibile?

Ebbene, sì! La Provvidenza ha voluto che, quasi in modo tangibile, potessimo rallegrarci dei risultati dei nostri sforzi da cinque anni. Sin dal primo anno, come già dicemmo, abbiamo preso l'abitudine di fare un grafico delle presenze alle messe domenicali. E non solo di queste presenze, ma anche — in altri grafici delle comunioni, dei ritiri pasquali, delle riunioni quaresimali, delle riunioni a domicilio, dei congressi annuali, ecc... Cosicché, da un anno all'altro, è facile vedere i progressi o i regressi.

Voi avete visto questi grafici e constatato come noi che sono molto incoraggianti. Ecco all'ingrosso alcune cifre:

  • Presenze alle messe domenicali […]
  • Il grafico più incoraggiante è certamente quello delle presenze ai ritiri pasquali dei giovani, delle ragazze, degli adulti […]
  • E soprattutto quello delle comunioni pasquali […].
  • Non abbiamo segnate sui nostri grafici le comunioni quotidiane, ma l'abbiamo fatto abbastanza regolarmente sull'agenda delle messe, per poter dare cifre esatte […].

Ecco dunque delle cifre, per chi le vuole. Ma noi ne ricaveremmo una magra constatazione, se non capissimo nello stesso tempo che l'atmosfera generale della parrocchia è stata penetrata e che l'intero ambiente è stato segnato dal nostro apostolato missionario. Crediamo di poter dire senza nessuna pretesa che il clero e i cristiani godono simpatia nella nostra parrocchia e che persino i più lontani dalla pratica cattolica guardano con interesse la Chiesa. Tutti ammettono che le nostre cerimonie sono belle, comprensibili, popolari, che tutti sono ricevuti e trattati bene, e che non ci si fuorvia andando di quando in quando in chiesa, anche se non si pratica abitualmente. Le nostre cerimonie, oltre ad essere nelle mani dei militanti un mezzo per trascinare i loro vicini, sono nello stesso tempo, per gli altri, un pretesto per venire in una chiesa dove non si vedono che cose belle e dove non ci si annoia.

Avete un'idea esatta di coloro che ritornano così? Avete registrato vere conversioni?

È certo che ogni anno, a Pasqua, dopo lo sforzo della Quaresima o delle missioni, quelli che ritornano sono «antichi cristiani», pecorelle smarrite — talora da lungo tempo — ma che avevano già fatto parte del gregge. A questo proposito diremmo volentieri che le possibilità della parrocchia sorpassano quelle che don Godin aveva intravvedute. Come dicemmo al principio di quest'opera, il numero di coloro che hanno avuto qualche contatto con la Chiesa è tale da costituire un immenso campo di apostolato, che generazioni di preti possono lavorare senza raggiungere i confini. Don Godin ha dunque ragione di dire che la massa dei veri pagani non è raggiunta dalla parrocchia e che questa, anche se tutta consacrata alla sua conversione, non può che sfiorarla. Noi registriamo ogni anno battesimi e comunioni di adulti. È uno dei ministeri più consolanti per i viceparroci e per i loro aiutanti laici, la preparazione di questi adulti alla vita cristiana. Bisogna però confessare che:
1) sono casi relativamente poco numerosi;
2) si presenta un grave problema: quello della perseveranza di questi convertiti.

Partendo da questa doppia constatazione, si giunge ad una doppia conclusione:

  • il lavoro della «Missione di Parigi» è assolutamente indispensabile;
  • bisogna organizzare le nostre parrocchie in modo che non solamente provochino conversioni, ma garantiscano la perseveranza dei convertiti.

Non vorremmo infatti a nessun costo che certi lettori, inforcando come un cavallo da battaglia la nostra argomentazione e le nostre suggestioni, pretendessero che una parrocchia missionaria basti a sé stessa e che non è necessario cercare altri mezzi complementari d'evangelizzazione. Invece tutto ciò che abbiamo detto sulla distanza che ci separa dalla mentalità popolare, sul carattere «collettivo» della mentalità operaia proletaria nell'ora attuale, ci fa pensare che è indispensabile intraprendere il lavoro apostolico con un vero paracadutismo in piena massa. Qualunque sia la fiducia che abbiamo nel nostro compito parrocchiale, qualunque sia l'amore che gli portiamo, cerchiamo tuttavia di sostenere, d'incoraggiare l'ardito lavoro di quelli che prenderanno l'opera da un altro capo. Non è il momento di fare gli scettici, nè soprattutto di fare dell'ironia sugli sforzi tentati. «Dummodo Christus annuntietur» diceva san PaoIo. E più ancora: cerchiamo di capire come sia più arduo scovare un metodo e tracciare un sentiero, che seguire la strada battuta. Abbiamo anche la carità d'essere indulgenti verso i passi falsi arrischiati dai pionieri, che forse non avremmo il coraggio di seguire o d'imitare. Nel nostro ambiente ecclesiastico, nulla è più penoso delle critiche o delle facezie a porte chiuse contro le arditezze di certi confratelli che dovremmo incoraggiare ed imitare. I laici sono spesso più comprensivi di noi. Niente nel clero è più nefasto per lo spirito apostolico.

Abbiamo udito spesso certi parroci alzare la voce contro ciò che chiamavano la «deformazione del seminario». Non abbiamo intenzione d'iniziare qui questa discussione, ma ci permettiamo almeno questa parentesi: non è all'uscita dal seminario che i preti mancano di generosità, ma piuttosto qualche anno dopo. Badino i parroci a non deformare i loro vicecurati più di quanto i direttori abbiano deformato i loro seminaristi; non siano le conversazioni di sagrestia o le riunioni decanali più deprimenti per i giovani preti di quanto lo fossero le conversazioni di seminario: vi si faccia meno allusione a «promozioni», a «buone parrocchie»; vi si metta in mostra meno scetticismo, meno importanza pastorale; si vedrà allora che i nostri giovani confratelli conserveranno più a lungo lo zelo e il coraggio apostolico.

Chiudiamo questa parentesi. Affermavamo che la Missione di Parigi ha un posto necessario e che esso lo sarà tanto più quanto le parrocchie diverranno maggiormente missionarie: poichè allora i loro sforzi saranno meglio congiunti. La Missione di Parigi non correrà più il rischio di lavorare nel vuoto e di far buchi nell'acqua: il suo lavoro, sincronizzato con quello delle parrocchie avrà la probabilità d'essere più efficace, e i suoi successi quella d'essere più duraturi.

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