EXCURSUS: CATECHISMO E AMBIENTI DI VITA (pagg. 196-215)

  1. Oltre il lbro che non opera sulla vita del bambino (pag. 196-198)
  2. Un catechismo missionario. (pag. 199-200)
  3. Catechisti retribuiti? e perchè no? (pag. 200-202)
  4. Parrocchia e catechismo: due fari sulla via. (pag. 202-206)
  5. La famiglia al catechismo. (pag. 206-209)
  6. In pieno tirocinio di confermazione: la scuola. (pag. 210-211)
  7. Per un cristianesimo che batta le strade. (pag. 211-212)
  8. Al servizio d'un catechismo missionario. (pag. 212-215)

(Questa appendice è dovuta a don Rétif, vicario del Sacro Cuore di Colombes. Comparve sotto forma d'articolo in «Unione» del gennaio 1945, poi in opuscoletto nella collezione «Vitalis». Abbiamo ritenuto opportuno pubblicarlo qui, per dare un'idea del modo con cui consideriamo un catechismo «missionario»).

Si presenta un giorno un padre con un bambino di nove anni.

— Reverendo vi conduco mio figlio per il catechismo. Io sono stato per lungo tempo incredulo: sono stato infelicissimo. Senza Dio, si è troppo disgraziati nella vita... Insegnate al mio bambino ad amare sempre il buon Dio, per tutta la vita, non solo adesso... Fateglielo entrare perciò in tutta la sua esistenza infantile... Solo questo vale, al mondo! Io, padre, vi affido mio figlio appunto a tale scopo, unicamente per esso... Ma non occorre che io ve Io dica, non è vero?

Ecco una presentazione commovente, che vorremmo udire assai più spesso, noialtri preti. Essa ci compensa dell'abituale ritornello di tante iscrizioni:
— Capirete... noi in casa abbiamo fatto la Comunione e non vi è motivo di non farla fare al piccolo. È un giorno così bello! È un ricordo che rimane...

Un catechismo «che metta Dio in tutta la vita del fanciullo» … Non occorre ridire che il nostro dovere di preti è di assicurarci che «ciò rientri nella vita»: le nostre esortazioni, le recite, le proiezioni, le spiegazioni... non è tanto facile: certamente meno facile che preparare in particolare un'ora di spiegazioni in stanza chiusa, per catechismo chiuso. Qui il mio testo, i miei appunti; là, la lanterna magica, le figure. Tutto è pronto... e nulla è fatto. Catechismo da laboratorio. Sistema da incubatrice, il quale farebbe sì che la fede di quei giovani cristiani non resisterebbe alla prima corrente d'aria. Anche per le cose di Dio, non basta dire qualche cosa: bisogna rivolgersi a qualcuno. Il film che bisognerebbe proiettare a voi stessi è la loro vita, quale si svolge ogni giorno, in una soffitta, all'angolo della strada, al posto di lavoro... la vita di ogni giorno, «secondo natura», con le sue difficoltà, con le resistenze che s'incontrano, con gli scherni che si affrontano... Ma codesto ossigeno non si trova in fondo ai nostri provini.

Cerchiamo di respirare sul posto, e quanto meglio è possibile, tutta l'atmosfera che i nostri bambini respirano in famiglia, a scuola, nel quartiere. Si tratta d'un cristianesimo «per essi»: e in ogni luogo esso deve adattarsi all'ambiente, e in ogni luogo bisogna imparare da capo a farlo.

— Il catechismo deve insegnare a vivere la vita cristiana — ha detto Pio XI.

Un catechismo per la vita, nella vita e per mezzo della vita.

Noi ci proponiamo di collocare il catechismo in una prospettiva d'azione cattolica. Alcune riflessioni preliminari, riguardo al libro e al prete catechista, serviranno da punto di riferimento, per estrarne poi i tratti essenziali d'un catechismo vivente, preoccupato degli ambienti di vita del bambino: un catechismo desideroso d'iniziare alla vita cristiana, sulla linea d'una vita parrocchiale viva ed attraente, posto sugli ambienti naturali, che sono la famiglia, la scuola e il quartiere del catechizzato.

 

  1. Al di là d'un piccolo libro che non opera sulla vita del bambino.

— Come sono cambiati i tempi! dicono le nostre nonne.
È vero, e spesso sono mutati... in peggio. Una volta, il catechismo si spiegava sulle ginocchia delle mamme: non c'era tanto bisogno di testi; c'era l'esempio dei genitori. Il midollo del Cristianesimo passava di generazione in generazione, con tutta l'eredità delle virtù avite. Toccava poi al prete classificare e completare l'insegnamento religioso. L'iniziazione ne era data già da anni. Si viveva la propria fede assai prima di farne l'inventario. Le cose di Dio avevano un posto nella vita: era naturale. Il libro del catechismo venne a codificare la dottrina che si ripeteva in famiglia. Fu scritto così per tener testa alle minacce del Protestantesimo.

Davanti al progresso del laicismo moderno, davanti alle manchevolezze delle famiglie e della scuola nella formazione religiosa dei bambini, di fronte ai danni della pubblica immoralità, bisognava lottare tenacemente. Si sono rafforzati i regolamenti di catechismo, minacciando di sospendere chi non sapesse bene le lezioni. Si è abbellita l'istruzione col rinforzo dei metodi attivi: disegni, lavori di traforo, ecc... Solo il libro si manteneva fedele alla missione d'un tempo, quella d'insegnare le verità della fede. Ci siamo rivolti verso di esso, come verso la diga capace di fermare l'onda della crescente irreligione. Il libro ha cercato di rendersi presentabile: sono stati editi catechismi ufficiali con illustrazioni, col testo a colori, con letture... Ma quel libro, austero come un teologo, si ostina a non parlare un linguaggio infantile. Si è gridato:
— Ecco la causa dell'incredulità attuale!

E tutti hanno cercato di mettere in rilievo le critiche, di sottolineare le incomprensioni del testo... con voti molto rispettosi all'indirizzo della gerarchia: come se quell'incorreggibile testo fosse lui solo la vera causa del disamore delle anime alle verità religiose (1). Temiamo il disinganno di tutti coloro che, avendo il Catechismo nazionale nei loro sogni, si accorgeranno che non basta un libro per forgiare dei cristiani. Il Catechismo non è soltanto un insegnamento, non si rivolge soltanto all'intelligenza. Tanti bambini comprendono ciò che in questo libro è accessibile ad un'intelligenza infantile. Ma non dimentichiamo che il catechismo deve essere una vita: capire non è che una tappa; noi vogliamo preparare il bambino a credere ed aiutarlo ad agire da cristiano.

L'essenziale non è far comprendere, che sarebbe già molto, ma far vivere, aiutare il bambino a permeare tutta la sua vita di cristianesimo. A questo, non basta il libro del Catechismo; un libro, anche ben fatto e ben commentato, non è sufficiente a dare al bambino tutte le possibilità di cui ha bisogno, per aiutarlo a vivere da cristiano; ciò che gli è necessario, è un cristianesimo appoggiato sopra tutta la sua vita di fanciullo (per salire a Dio, è necessario appoggiarsi su tutta la propria vita).

Da questo punto di vista, che cosa si richiede per i nostri catechisti?
Due cose sono essenziali:
a) Conoscere la psicologia del bambino;
b) Conoscere tutto il suo ambiente di vita: famiglia, scuola, quartiere.

Come è possibile aiutare efficacemente un bambino, se manca qualcuno di questi due elementi?
Voi castigate un bambino distratto che non recita la sua preghiera, senza sapere a quali canzonature è fatto oggetto alla sera da parte dei fratelli maggiori. Voi consigliate in confessionale di romperla con quel provocatore al male, ma ignorate che la cosa si svolge in famiglia... Invece, quel fanciullo che è il primo in catechismo e che vi rende fieri con le sue lezioni recitate a menadito, non sapete che in casa è un grande egoista? mentre quel piccolino che stenta tanto a recitare la lezione è proprio lui che cerca di «agganciare» a scuola i compagni increduli... Noi ci consoliamo troppo spesso illusoriamente per le lezioni ben studiate, per la disciplina, per le attività seguite con interesse. Se il nostro catechismo non riesce a provocare una predisposizione all'azione cattolica, per aver spinto all'apostolato sino dai primi anni (un apostolato a portata del fanciullo, naturalmente), dobbiamo temere l'anchilosi di una fede sterile... La vita non si può vedere in una sala di catechismo. Diffidiamo d'un catechismo che non abbia antenne sulla vita: in luogo d'estasiarci sulla bellezza del nostro apparecchio di T. S. F., assicuriamoci che sia ben «ramificato».

Senza aspettare un libro dalle parole comprensibili e semplici, apriamo senza indugio il libro di vita di ciascuno dei nostri bambini: percorriamolo pagina per pagina, e le illustrazioni siano la sua casa, la sua strada... Un libro mobile, come tutto ciò che è vita, un libro che deve sempre essere tenuto aggiornato, con la continua preoccupazione delle variazioni d'ambiente, dei cambiamenti, delle circostanze nuove, delle influenze predominanti che rinforzano o contrastano la nostra azione, delle reazioni prodotte sulle famiglie dai nostri discorsi, ecc... Quel libro, studio del risveglio religioso dei nostri bambini, potrebbe essere commovente in certe pagine. Sarà certo la sola prospettiva vera sullo scopo ultimo dei nostri sforzi di catechisti: quello di aiutare il bambino a vivere una vita autenticamente cristiana.


NOTA

(1) Il processo del Catechismo nazionale non va solo fatto alle parole, incomprensibili ad una intelligenza d'undici anni. La mancanza d'idee-base rende difficile una sintesi chiara ed interessante della dottrina. La ripartizione analitica in capitoli d'uguale importanza non facilita una presentazione dinamica delle verità rivelate. C'è soprattutto una grande mancanza di richiamo al Vangelo. Disse M. Masure:
— La morale che il catechismo espone non ha lo scopo di ripetere il Sermone sulla Montagna.
E P. Vermeersch:
— È il decalogo sostituito allo studio delle virtù cristiane, ed una lista dei peccati sostituita alla grande arte dell'«Imitazione di Cristo».
Se il catechismo è contenuto nel Vangelo, è però lontano dall'esserne una pregustazione (in questo libro ci sono appena dieci citazioni di Vangelo).


 

  1. Al di là d'un catechismo di corte vedute, abbiamo le esigenze d'un catechismo missionario.

Rimane da situare il catechismo nel nostro ministero: è il compito di noi preti incaricati di un certo anno di catechismo, per bambini o bambine, e sovraccarichi di tanti altri oneri apostolici.

È una missione ben definita? un'opera, al fianco di altre opere, per me solo, prete responsabile? Quale mentalità devo portare in un catechismo 1946, in un ambiente scristianizzato?

Ecco nuove complicazioni, penserà qualche confratello... Un catechismo di corte vedute consisterebbe precisamente nel mettere su il catechismo stesso come un'opera limitata, consistente in alcune ore di presenza in un locale. Sarebbe un catechismo d'insegnamento. Una volta — l'abbiamo detto — il catechismo era solo un problema d'insegnamento: oggi si tratta di un problema di vita. Bisogna avvolgere in un medesimo tentativo di cristianizzare il bambino, la famiglia, i compagni di scuola e di giuoco, il vicinato. Non uno sforzo isolato sui fanciulli, ma uno sforzo più ampio di tutti i sacerdoti su uno stesso ambiente da penetrarsi da ogni lato, a tutte le età, in piena vita. Con l'aiuto dei laici, anche; coi nostri militanti, che prolungheranno la nostra catechizzazione e penetreranno più a fondo nei covili del paganesimo circostante. Non si tratta più di curare, di preservare un membro malato o minacciato dal contagio, ma di attaccarsi all'origine del male, contemporaneamente, in tutto l'organismo.

Ora, è proprio lì che il catechismo può diventare persino una tentazione per il giovane sacerdote: quello di crearsi un regno di facilità, adatto ai suoi inizi. È così facile moltiplicare a volontà attività piacevoli, abbastanza assorbenti per scusare la mancanza d'un contatto con gli adulti. Già accennammo che il ministero d'un giovane prete è spesso troppo esclusivamente riservato ad opere di bambini: per questo appunto, egli non vede e si lascia sfuggire tutto un settore del problema catechistico. Solo più tardi l'assenza del contatto con gli adulti si fa sentire nella direzione delle anime, nella preoccupazione dei problemi sociali. Possa almeno il prete pensare a penetrare le famiglie dei bambini ed aver coscienza che ciascuna di esse è da Dio affidata alle sue premure. Per noi preti d'operai miscredenti, questo è un problema missionario. A che pro scrivere e pensare una «Francia paese di missione», se noi non siamo decisi a prendere misure missionarie? a che pro sognare una parrocchia missionaria, senza un catechismo missionario? L'inevitabile logica vuole precisamente che noi riserviamo il nostro sacerdozio ai compiti essenziali. E poiché qui la sola maniera di essere evangelizzatori consiste nell'attaccarci ad ogni ambiente, rassegniamoci a perdere l'abitudine d'essere i preti d'una sola casta, d'un solo compito, d'un solo piccolo gregge, per caro che sia.

Un catechismo missionario, anziché provocare un aumento di sovraccarico nell'attività del prete, sposta le prospettive e colloca tutta l'importanza del suo ministero intorno ai problemi dell'evangelizzazione dell'ambiente e quindi in piena vita. Ad un catechismo di questo genere, il solo prete non basta. Egli deve lasciare ad altri, ciò che essi possono fare. Il suo compito di prete, è:

  • essere animatore, piuttosto che realizzatore del catechismo;
  • crearsi competenti ausiliari.

 

  1. Catechisti retribuiti? e perchè no?

Riserviamoci l'essenziale: e l'essenziale è di pensare a questo aspetto missionario del nostro catechismo, formare cristianamente le coscienze, mettere — per quanto è possibile — ogni lezione nella vita del bambino.

Confessiamo, facciamo pregare, insegniamo a comunicarsi bene, assicuriamoci del modo con cui i fanciulli pregano a casa loro... delle riflessioni cristiane, del soggetto delle conversazioni, delle persone che frequentano, delle letture, del cinematografo... Cerchiamo di avere solo qualche idea centrale, semplice, positiva, che s'imponga come uno slogan ripetuto:
 È una cosa distinta essere cristiani: noi cristiani abbiamo per capo Cristo... Viva la legge della carità!... Un figlio della Chiesa non ha paura di mostrarsi... Non si è cristiani per sé soli... ecc...

Pensiamo il nostro catechismo, mettiamoci in testa una sin­tesi che presenti un cristianesimo dinamico e semplice, un cri­stianesimo impastato di Vangelo, nutrito di Vangelo, ricco d'immagini del Vangelo, che si svolga come un fascio di luce intorno alla persona di Nostro Signore: un Cristianesimo che consista nel parlare di Qualcuno, di quel Cristo che renderemo vivente per quelle anime infantili, a furia di presentarlo ai loro occhi, di suggerire alle loro preghiere la figura così attraente di Colui che dice a noi preti:
— Lasciate che i pargoli vengano a Me.

Nel catechismo, noi dobbiamo tenere in mano la verità come un faro che frughi il mare vicino agli scogli. Proiettiamo l'insegnamento di fronte alla vita quotidiana del bambino, af­finché egli sappia agire da cristiano.

Questo presuppone evidentemente delle ausiliarie. Il titolo di signorina o signora del catechismo fa pensare a buone per­sone benevole, per lo più di rispettabile età, persone d'opere che vengono ad assicurare le rumorose recitazioni dei nostri bambini, con un cartoncino in mano e talora con eccessiva in­dulgenza in cuore. Ma non abbiamo scoraggiato le migliori, limitando la loro parte e la loro influenza a quella di ripetitrici, di sorveglianti? Sono formate, sì, ma certamente poco: ab­biamo però l'umiltà di riconoscere che, in fatto di psicologia intuitiva, la donna potrebbe dare lezione a noi...

È tuttavia vero che le ausiliarie competenti sono rare. Non tutte le monache sono adatte al catechismo: ci vogliono cono­scenze pedagogiche, ma anche una preoccupazione di adatta­mento e una buona conoscenza degli ambienti del bambino.

E se troviamo maggiori disponibilità nella classe borghese, corriamo il rischio di trovare ausiliarie meno preparate a capire la mentalità diversa dei nostri piccoli operai così sprovvisti di cultura, d'educazione (nel senso borghese), d'ambiente familiare cristiano. Spesso i nostri piccoli disorientano la loro catechista, quando, sotto scorze rugose, animucce scelte rimangono in un terreno incolto per mancanza di comprensione...

Per venire in aiuto ai sacerdoti, si organizzino corsi di formazione catechistica: potrebbero uscirne delle «ausiliarie parrocchiali». È forse una formula per l'avvenire.

Le nostre catechiste dovranno, in un prossimo futuro, essere retribuite. È giusto. Perchè no? Quanti educatori laici si consacrano alle ricreazioni dei fanciulli! Non potrebbero esserci quelli che si dedicano al risveglio religioso delle anime infantili? Ai preti resterà l'arte di farsi aiutare: saper incoraggiare le catechiste, formarle, controllarle, sarà senza dubbio più difficile che retribuirle.

Utilizziamo per il meglio tutte le buone volontà che possono presentarsi; cerchiamo pazientemente d'essere in grado d'affidare loro, al nostro fianco, l'insegnamento religioso dei nostri piccoli.

Ecco qui, a titolo documentario, la breve monografia della signorina catechista della nostra parrocchia, da cinque anni al servizio dei catechismi delle bambine:

Nel 1940, la signorina S. è nominata segretaria parrocchiale per i lavori di segretariato, con lo stesso stipendio del suo antico impiego di steno-dattilografa. Di famiglia operaia, possiede la formazione di grado superiore, relativa al suo grado d'impiegata. Si occupa anche delle cose inerenti al catechismo: presenze, correzioni, recitazioni, visite alle assenti, ecc... È ben presto in grado d'assicurare per interim il catechismo delle piccole, poi delle grandi, senza altre conoscenze pedagogiche speciali che una progressiva esperienza, qualche corso supplementare, letture dirette. Acquista prestissimo sicurezza nelle spiegazioni, ed una certa semplicità di esposizione. Nel 1941 assume l'incarico del primo anno del catechismo delle bambine e nel 1942 quello del secondo anno: successivamente arriva a quello del terzo. Attualmente il prete si riserva l’iniziazione del mattino del giovedì, quando l'insegnamento è dato al lunedi e al martedì, quasi sempre dalla signorina S.

Un piano progressivo, preciso le traccia ad ogni trimestre le grandi linee della sua esposizione.

Al pomeriggio, ella visita spesso i genitori dei bambini, ed ha una scheda di apprezzamento per ogni famiglia, e per ogni fanciullo riflessioni, appunti, informazioni utili. Quante confidenze, col pretesto del catechismo! Uscendo dalla scuola, è così facile passare vicino alla chiesa, per entrare nell'ufficio della signorina S.! essa è sempre così accogliente, così attenta, così facile a risolvere i piccoli dissidi, a consolare, a raddrizzare È la grande amica di tutte. E alla sera, in casa sua, non è raro che un'anziana o una mamma vadano a chiedere un consiglio, a sollecitare un posto, a confidare magari una pena.

Certo, dopo due anni si è dovuto ritirare alla signorina S. il segretariato parrocchiale; ma essa agisce ugualmente sulle ragazze operaie. Dopo essere stata a lungo presidente della I.O.C.F., ha molteplici contatti con le ragazze del popolo. È e vuole rimanere dell'«ambiente». È lei che inizia al lavoro le nuove apprendiste, che prepara le A.V. all'ingresso al lavoro. Ella rappresenta una parte decisiva nell'ingresso alla perseveranza, per mezzo di bande di quartiere, che vengono da lei riunite in qualche casa.

Quante giovani sarebbero desiderose di realizzare nella loro parrocchia un apostolato identico a quello della signorina S.! È così vicino al punto di congiunzione della loro vocazione femminile e del loro bisogno di darsi alla causa di Cristo!... Una vocazione!... Iddio, crediamolo pure, susciterà a suo tempo magnifiche vocazioni di catechiste nel nostro paese, catechiste della tempra di quelle delle lontane missioni, che, in assenza del missionario, assicurano la vita cristiana in regioni estese come un dipartimento francese.

 

  1. Parrocchia e catechismo: due fari sulla via.

Quando ci sono catechisti competenti e la preoccupazione di tutto un ambiente da evangelizzare, il problema è già meglio situato. Ma queste sono soltanto condizioni necessarie all'orientamento d'un catechismo missionario. Rimane da creare un ambiente cristiano, ben incarnato in gesti, in persone, in feste, come lo sono il suo quartiere, la sua scuola, la sua famiglia. Catechismo e parrocchia sono i due fari che metteranno in viva luce l'una e l'altra realtà d'un cristianesimo fatto per guidare sulla strada della vita.

Una parrocchia che si presti alle lezioni degli argomenti del catechismo: un catechismo preoccupato di guidare verso la vita parrocchiale.

La parrocchia è anzitutto quella comunità di membri viventi che vanno e vengono in chiesa, che si riuniscono per agir da cristiani. I cristiani esistono, lì, vicino, ovunque, anche fra gli adulti: è cristiana la signora X, che abita nella mia strada: è cristiano quel signore che incontro andando a scuola. Si può essere cristiani e ragazzi allegri nello stesso tempo: come Giovanni, quel grosso giocista di 18 anni... Si può essere cristiane ed insieme buone mamme: come la mia vicina...

Il piccolo catechizzato sarà testimone delle caritatevoli iniziative dei cristiani.

— Siamo stati noi cristiani ad organizzare questa minestra popolare: 600 iscritti, sai... Da noi vi sono molti cristiani: domenica la chiesa era piena... Non conosci l' M.P.F.? sta facendo un gran buon lavoro nel mio quartiere...

Questo ravvicinamento di gesti cristiani d'adulti con la sua fede infantile, questa fierezza per la causa cristiana che si agita accanto a lui, questa presa di coscienza del «noi» cristiano, servono ad equipaggiare il bambino d'un cristianesimo vivente. Pensiamo abbastanza, noi preti, a diramare queste anime ricevitrici su tutto ciò che rinforza ed illustra le idee fondamentali delle nostre esposizioni dottrinali?

Troppo spesso la parrocchia e il catechismo s'ignorano. Questo minuscolo gregge è spesso molto ingombrante e rumoroso che lo si segrega nelle sale di catechismo. Esso non ha nulla a che vedere con le nostre funzioni, con le nostre feste. Ciascuno al suo posto! Non sarebbe ciò la logica conseguenza della preoccupazione che talora si ha di un ministero troppo diviso in una stessa parrocchia? Altrettanti dominii riservati: ai collaboratori la tale opera e la tal altra: al parroco l'ordinamento regolamentare della parrocchia. Come se la vita parrocchiale non riguardasse la comunità sacerdotale! E ciascuno vi porterebbe propizi suggerimenti, oltre alle risorse del suo talento e all'appoggio delle sue opere. Invece altrove, di comune accordo, il clero opera sui fanciulli un ripiegamento strategico: si direbbe una parrocchia infantile.

— «Ah! questi bambini sono veramente una consolazione nel nostro ministero... Ieri ce n'erano più di 400 chiesa...».

Una parrocchia missionaria sa mantenere uno stretto legame fra la vita missionaria e il catechismo. Le solennità liturgiche e le cerimonie para-liturgiche non saranno riunioni di chierichetti, ma i fanciulli vi avranno la loro parte: il loro posto migliore è al fianco dei genitori.

Senza dare alle nostre solennità un andamento puerile, non esitiamo ad utilizzare i bambini per rialzare di tono certe cerimonie, per lanciare una festa nei quartieri, per attirare i genitori. I nostri piccoli sono ottimi propagandisti, per chi sa incoraggiarli: sono capaci di portare con grazia una barella, di sfilare con le tracolle.

Da noi, a Colombes, non si contano più le feste parrocchiali infantili: feste della famiglia, con un immenso corteo di fanciulli che portano fiori in mano, che vengono a raggrupparsi sopra un podio, attorno ad una culla su cui riposa il Santo Sacramento. È un'enorme corona vivente, in cui si agitano corolle e visetti freschi, in un vibrante Osanna verso l'ostensorio, per sparpagliarsi poi nella chiesa, verso la mamma che si andrà ad abbracciare... Sono feste di presepi, che si espongono in chiesa una domenica. Più di un babbo è venuto a contemplare il suo presepio, ed ha preso parte all'addio ai presepi, che ha avuto luogo dopo... Sono le feste del Rosario, del catechismo, della Madonna...

Durante tutto l'anno si concreta questo capitolo d'una lunga e vivente lezione sulla Chiesa, Società vivente di Cristo, nelle dimensioni del mondo. E il ciclo liturgico vissuto in parrocchia, adattato al fanciullo, è la più bella delle realtà cristiane, per poco che noi badiamo a risvegliare quelle anime infantili in occasione delle feste liturgiche. E così si profila vivente la figura d'una Chiesa cattolica, con la sua comunità nella fede: prima scoperta di un fanciullo cristiano. La minuscola cristianità che è la sua parrocchia ci serve di paragone per evocare ai suoi occhi la cristianità intera. A modo loro, sino ad oggi, i nostri piccoli diventano costruttori. È una pregustazione d'azione cattolica.

La stessa chiesa di pietra, per modesta e sciupata che sia, teatro di tante scoperte per i piccoli al fianco della loro signorina, formerà l'oggetto di minuziose visite. Questa bibbia di pietra riserva più d'una lezione di cose a chi sa tradurre ai bambini il simbolismo di un luogo sacro.

Nel primo anno, non si è facilmente ammessi a penetrare nella chiesa: è la casa di Dio. E si conosce talmente Iddio da poter andare e venire nella Sua casa? Tuttavia, sotto la guida della signorina, le bambine hanno l'onore di penetrare nei segreti della casa di Dio. È una gioia: e con quanta gravità si fa questo ingresso in chiesa!

La casa di Dio diventa ben presto la casa della preghiera.

La preghiera!... ecco un altro dominio, nel quale non ci si inoltra alla leggera... È ben inteso che, se non si è stati buoni al catechismo (alle volte succede, infatti), non si è disposti a pregare: allora ci si siede senza far rumore, per non dare noia, cosa che vale più del fingere di pregare. Si posa la cartella sul banco: gli occhi sono chiusi (è più sicuro così). Dapprima ci si mette in presenza di Dio, poi a contatto con Lui, ed allora Gli si parla subito, alle volte tutti insieme, alle volte ciascuno per proprio conto.

Come s'invidiano talora queste preghiere dei bambini!... È finito: un bel segno di croce, una genuflessione, con una parolina sottovoce, affinché questo gesto sia una preghiera, e si va via. Nella casa di preghiera si prega, si prende gusto alla preghiera. Si pensa di ricordare che si può pregare dovunque, anche a scuola? Ecco qualche protesta:
— Io, reverendo, prego sottovoce in classe: quando non so fare un problema, mi raccomando sempre al Buon Dio.

Ma è soprattutto la messa, quella che chiede un'iniziazione minuziosa, facilitata d'altronde in parrocchia da una grandiosa festa della messa.
Bisogna ripeterlo: la Messa, che avrebbe dovuto essere il grande agente di progresso spirituale, arrischia d'essere una delle cause di non-perseveranza. Monsignor Landrieux afferma con un certo ardire:
— Ci si annoia troppo alla messa, regolamentare e tetra, per ritornarvi volentieri. Quando, per due o tre anni, otteniamo con fatica dai nostri bambini un'assistenza affatto passiva, monotona, senza un libro e quasi lontano dall'altare, e cioè una lunga ora d'obbligo di silenzio, abbiamo loro insegnato a venire a messa? No: noi insegniamo loro a non venirci più.

Nella Chiesa primitiva, si aveva cura di far uscire dal tempio i catecumeni. Ai giorni nostri, un bambino che non sa cosa sia la messa, avesse anche nove o dieci anni, è costretto ad assistervi.

Non è meglio prepararlo a ciò nel fervore della sua giovane anima? E il catechismo non è una lunga iniziazione ad una partecipazione attiva all'adunanza dei fedeli? (2).


NOTA

(2) Una semplice osservazione a questo riguardo: la Chiesa ha sempre sottolineato nella pratica dei Sacramenti che la comunione era il frutto della messa. Noi, al catechismo, prepariamo il bambino ad una comunione solenne, facendolo assistere due o tre volte ad una messa per lo più senza comunione. È logico?


Per più di un mese si parla della prima partecipazione dei fanciulli alla messa. Ogni giovedì, alla seduta d'applicazione, i lavori di traforo e i giuochi liturgici ricordano il grande evento. Si sente dire: «Quando verrete a messa, vedrete questo» ... e ciascuno attende con ansia quel giorno. Dal canto suo, il prete mostra ai bambini la messa come la grande preghiera di Gesù Cristo, nella quale essi porteranno i loro piccoli sacrifici.

Per illustrare questo pensiero, un anno abbiamo confezionato insieme una vetrata di cellophane alta due metri e mezzo, a tinte varie: un prete all'altare alza l'ostia verso un Cristo in croce, mentre certe scene infantili evocano tutta la vita del bambino (i suoi giuochi, il suo lavoro in classe, i suoi atti di carità, le sue preghiere durante la messa). Sul retro del vetro da lui confezionato, il fanciullo incollava una sottile striscia di carta che faceva menzione d'un sacrificio da lui compiuto durante la settimana per ottenere un buon esito della sua messa. Nel gran giorno della loro messa, maschietti e femminucce, col visino raggiante, hanno occupato i primi posti in chiesa, non per assistere, ma per vivere la loro messa. All'offertorio, hanno portato trionfalmente all'altare il simbolo della loro offerta, quel pezzo d'invetriata, quel sacrificio messo assieme al sacrificio di Cristo.
— A quale scopo? — chiedeva il prete.
— Affinché la mia messa abbia buon esito rispondeva ogni bambino.

E alla sera contemplavano con fierezza la vetrata fiammeggiante sotto le luci del proiettore con questa indicazione: «La nostra vita nella nostra messa». Quella vetrata. bella di tanti pezzi, come quella messa, frutto di tanti sacrifici.

Adesso, al giovedì e alla domenica, gli iniziati dialogano a memoria la messa, così bene come il chierichetto.

 

  1. La famiglia al catechismo.

Non si coltiva una pianta senza tener conto del terreno che la nutre: non si alleva un'anima di bambino senza tener conto della famiglia. E catechizzare il bambino presuppone la cri­stianizzazione della famiglia. Con l'iscrizione del loro figlio, i genitori s'iscrivono nella lista delle anime che Dio ci affida, almeno temporaneamente. E non già con una tattica astuta, che farebbe dire: «Conserverò il bambino per mezzo della fa­miglia!»: no, la nostra responsabilità è direttamente impe­gnata su questo effetto di cristianizzazione familiare. Diciamo piuttosto: «Per mezzo del bambino, voglio toccare la fami­glia» ... C'è un'interferenza d'influenze: cerchiamo d'agire si­multaneamente sull'ambiente e sull'anima infantile, alla quale siamo più vicini. Il fanciullo è spesso un impedimento alla pratica religiosa dei genitori occupatissimi in casa: egli può benissimo, a suo tempo, servire da provvidenziale legame con Dio.

Una mamma, che aveva ritrovato la fede all'epoca della Prima Comunione della sua figlioletta, dopo tre anni di preghiere e di sacrifici di questa, le diceva:
— Bambina mia, ti ho dato la vita consumando la mia: tu mi hai preso tutto il tempo e sei stata la mia maggiore preoccupazione; ma adesso siamo pari, perchè tu mi hai reso Dio.

Conoscere la famiglia ed agire su di essa presuppone con­tatti veri. Diffidiamo di quei pochi incontri, di quelle poche visite di convenienza, che fanno dire al curato: «Io conosco la mia parrocchia»... ed al prete: «Io conosco i miei operai»... Cinque anni di molteplici contatti assidui con le nostre fami­glie operaie ci hanno convinti che, in realtà, noi preti siamo lontani, lontanissimi dall'operaio: la perspicacia dei nostri giu­dizi è resa difficile dalla nostra cultura borghese, dal nostro modello di vita, ecc... sino alla diffidenza che ispira la nostra stessa qualità di preti. Le nostre missioni di quartiere a tutti i parrocchiani, praticanti o no, ci hanno del resto permesso di constatare una certa servilità da parte dei genitori dei bambini del catechismo. Beneficiamo del prestigio dei patroni, un pre­stigio che condividiamo con l'istitutore.

Dipende da noi ammettere o no alla cerimonia della Prima Comunione! E tutti ci tengono, a quel gran giorno, sia i geni­tori che i bambini! Allora, come davanti al patrono, si fa buona cera.
— Oh, se sapeste! noi siamo stati educati bene in casa... Siamo credenti: mia zia è monaca... Io ho fiducia in santa Teresa... ecc...
Facciamo in modo di non credere ciecamente ai discorsi di quella brava gente.

Posiamo i pali indicatori di un'evangelizzazione molto lenta, fatta di discrezione, d'abnegazione e di disinteresse. Molti contatti col prete prolungano lo scandalo dell'imborghesimento e lo scandalo del denaro in seno alle famiglie operaie. Ad un'umile richiesta si fa rispondere:
— Il reverendo non vuol essere disturbato.
Oppure, al primo approccio, si dichiara subito:
— Signora, c'è da versare la tal somma.

Sarebbe meglio rimanere ignorati dalle famiglie!...
Al catechismo, il bambino è contento se gli parliamo dei suoi. Quanti raffronti possiamo ricavare dai nostri esposti alle famiglie! Quanti segni di simpatia per quelle famiglie laboriose che uniscono nel pensiero i propri parenti ed i propri preti! quante preghiere, quanti sacrifici sinceri, per dare luogo ad intenzioni di questo genere:
— Pregheremo per il babbo di Giannina, che ieri è rimasto ferito sul lavoro e per il fratello maggiore di Ughetta, che è disoccupato...

Prendiamo esempi di carità in piena vita operaia: e per scusare la poca pratica religiosa degli operai nelle loro case, facciamo vedere ai bambini le schiavitù materiali dei genitori. Non avete mai dovuto rispondere a quel tormento d'animucce delicate?
— E se il babbo e la mamma non venissero con me in cielo, sarebbe forse quello il vero cielo?
La grande intenzione sarà «per l'anima di babbo e mamma».

— Ciascuno pensa al proprio babbo e alla propria mamma... Bene! ed io li amo? ... Sì? ... quanto più è possibile?... Ma il maggior bene io posso farlo alla loro anima... Una buona preghiera, subito!

Domenica sarebbe bene offrire per essi una messa... Intanto in questi giorni farò qualche grosso sacrificio, affinchè un giorno il babbo e la mamma conoscano meglio Gesù...

Non basterebbe parlare ai bambini dei loro genitori. Facciamoli discorrere della loro famiglia, per risolvere le loro piccole difficoltà, per rendersi conto che «ciò penetra».

— Che cosa dicono i tuoi, quando preghi in ginocchio ai piedi del letto? ... Che cosa ti ha detto il babbo, vedendo il crocifisso in camera tua? ... La mamma guarda il tuo quaderno?

Tutto questo aiuta a farsi un'idea del «clima» di fede di ciascuno. E, meglio ancora, facciamo agire i genitori. Quella mamma s'interessa del quaderno del piccino: è curiosa di sapere tutto ciò che si dice al catechismo. Accettiamo che essa dia un consiglio per quel concorso d'immagini sacre e che il fratello maggiore ci aiuti in un certo disegno. Interessiamo la famiglia della confezione d'una fascia, per quel concorso di presepi, ecc...

La parte della signorina catechista è qui insostituibile: -essa saprà moltiplicare certe attività, registrare e risolvere certe particolarità dell'ambiente. E le mamme confessano:
— Ai miei tempi, il catechismo non era così interessante.

Il più interessante si è che i genitori partecipano un po' al catechismo!
Vi sono infine gli incontri fra genitori ed educatori: riunioni, le une più ricreative, le altre più educative, che creano un'atmosfera di simpatia e di reciproca comprensione. Qui si proclamano le annotazioni e i voti del catechismo: là ci si raggruppa intorno ai tavolini, davanti a modeste tazzine di caffè... Poi si discute qualche caso d'educazione religiosa... La formula è elastica:
— Hai sentito che cos'ha detto il reverendo? Che non bisognerebbe prendersela coi ragazzi come sempre si fa.

Tali riflessioni ci rassicurano. Vegliamo sull'atmosfera di cordialità e manteniamo la «lunghezza d'onda» che stabilisce il contatto fra anima ed anima. Per accentuare il valore d'evangelizzazione dei nostri contatti, pensiamo noi a facilitare il contatto di quelle famiglie coi nostri militanti di quartiere, capaci di compiere in ogni famiglia l'azione apostolica che noi tendiamo come esca, in troppo rare occasioni?

Come già dicemmo, le nostre feste parrocchiali possono essere il primo passo della famiglia verso Dio, e il bambino può essere il piccolo ambasciatore di questa introduzione. 

Non si tratta di moltiplicare gli appelli ad una messa domenicale, ma piuttosto d'approfittare della tal festa occasionale, paraliturgica, espressiva, vivente e tanto più attraente in quanto che il fanciullo vi prende parte attiva. Un invito (poligrafato) da parte nostra, una certa insistenza presso i bambini, la distribuzione d'un ricordino al termine della cerimonia: ce n'è abbastanza per creare un intervento assiduo dei genitori, che finiranno talora per riprendere anche la strada della chiesa, alla domenica mattina. Essi accetteranno volentieri di partecipare alla preparazione delle feste, confezionando in casa una corona di fiori, una ghirlanda, la decorazione di uno stendardo... Certe feste, da noi, radunano alcuni militanti, il vicinato dei genitori benevoli, nelle sere che precedono qualche solennità maggiore. E perchè non dovrebbero venire a quelle riunioni a domicilio che alla sera raggruppano tutto un vicinato, per discutere col prete le questioni religiose?

Ma che importano i risultati apparenti, le presenze e le benevolenze momentanee! Gli sforzi d'evangelizzazione produrranno indubbiamente i loro migliori frutti a nostra insaputa. La famiglia resterà lo scopo principale della nostra evangelizzazione. Il catechismo s'integra nel nostro apostolato familiare come un'ora di scelta per un incontro con Cristo. È compito nostro che il fanciullo, che per tre anni non avremo dissociato dai suoi, non dissoci i suoi — mai più — dalla sua solenne Promessa:
— Prometto di rimanere cristiano per tutta la vita!

La sua solenne Promessa vorrà dire:
— Cercherò di fare cristiani i miei con tutti gli sforzi. della mia vita.

 

  1. In pieno tirocinio di confermazione: la scuola.

Si tratta qui della scuola laica che, per molte delle nostre parrocchie operaie, fornisce il maggiore contingente dei nostri catechismi. Quell'ambiente naturale segna la sua impronta sulle anime dei nostri bambini. Noi dobbiamo tenere conto della loro scienza scolastica, del processo insegnativo della loro scuola. Possiamo ispirarci a certe abitudini di discipline in uso nella loro scuola.

Tuttavia, non sarà sempre opportuno modellare sulla scuola il nostro modo di fare. Far nascere un'anima alla gioia dei figli di Dio è una cosa ben diversa dallo sviluppare un'intelligenza. Noi vogliamo che queste prime impressioni di vita cristiana siano forti: non prendiamo dunque un modo di fare scolastico. Le sale, le file, il modo di recitare, i rapporti dei bambini coi loro catechisti, devono suscitare un contrasto e — oso dirlo — una preferenza.

— Ah! non è come a scuola.

No: è un altro terreno. Si tratta delle cose di Dio!

Sottolineiamo il denominatore comune «cristiani»: e la spontaneità, l'atmosfera vera di carità, la disciplina stessa basata sullo spirito di sacrificio, siano ispirate d'un Amore di Dio che si renda visibile.

La scuola è anche una prima realtà sociale che si risveglia. I temperamenti s'affermano, si urtano: si abbozzano voleri collettivi, prendono radice le amicizie. Ecco un magnifico campo d'esercitazione, dove ciascuno esperimenta le sue forze battesimali, prima di affrontare l'ambiente di lavoro. Almeno se tale è la preoccupazione del prete!... Soprattutto, niente apologia della difesa: difendere la fede dei bambini, allontanare i cattivi compagni, respingere le cattive abitudini, non è un programma molto suggestivo per un ragazzetto che è già capace di darsi ad una Causa.

Cerchiamo di far prendere ai fanciulli coscienza del «noi cristiani». In quella classe, una buona metà sta per fare la stessa solenne Promessa: Aiutiamoli a capirsi, ad unirsi fra cristiani, nella fierezza d'appartenere al medesimo capo, senza aggressione, ma sotto il segno della carità. Una carità che stupisce, essendo troppo poco comune.

— Noi cristiani abbiamo fatto una questua per la mamma di Giovanni. Andiamo a visitare insieme un vecchio, al giovedì: organizziamo grandi giuochi nel cortile, per imparare ad amarci meglio. Non siamo certo noi ad essere malinconici!...

Inutile dire che il nostro catechismo trarrà profitto dal tenere ottimi rapporti coi direttori e coi maestri. Il dissenso tra il prete ed il maestro è fonte di debolezza anche nell'educazione morale dei piccoli francesi. Vi sono cortesie da scambiare: al principio dell'anno. comunicare l 'orario del catechismo, presentare l’elenco degli iscritti, assicurarsi dell'ora di partenza per il catechismo, avvertire del ritiro preparatorio alla Comunione, ecc.…  dei loro alunni, E perchè non anche un discreto invito ad assistere alla cerimonia della Comunione dei loro alunni? Piuttosto che parole pungenti all'indirizzo del parroco, è meglio udire quel che nel 1941 ci diceva un direttore:
— Vedete... per salvare la Francia, ci vuole un ritorno alle forze spirituali. Il Papa l'ha ben fatto capire nel Suo discorso trasmesso radio...

Eh. sì! l'abbiamo capito anche noi, tendendo la mano al direttore.

 

  1. Per un cristianesimo che batta le strade.

Per i nostri ragazzetti, il quartiere è il marciapiede dirimpetto, dove si giuoca alla palla: quel terreno vago a cento metri da casa, che serve da pattinatoio. Sono le scale della casa, il cortile interno, la piazza alberata laggiù all'angolo. È anche quel cantuccio di via che serve di convegno alla marmaglia del vicinato: ogni sera vi si danno ritrovo ragazzi e ragazze, bambini e adolescenti. Discutono e bisticciano: giuocano e si scambiano confidenze. E le bande si formano intorno ad alcuni caporioni di tutte le età. Volano pugni e parolacce. Al giovedì e alla domenica, per lunghe ore, è il luogo di raduno del mondo infantile, che vive a modo suo, spesso lontano dallo sguardo materno e abbandonato a sé stesso.

Promiscuità, cattivi esempi, ozio, solitudini, mille influenze deleterie minacciano di viziare l'aria che i nostri fragili cristiani respirano. Ma vi si spiegano anche magnifiche vocazioni di giovani militanti: un ragazzo che si accanisce ad attirare un compagno, una fanciulla che acconsente a giuocare a piedi scalzi per salvare un'anima. Una piccolina del catechismo, piena d'uno zelo non ancora illuminato, ci presenta una sua recluta, dichiarando fieramente:
— L'ho battezzata sotto il rubinetto della pompa. Sua madre non avrebbe voluto!

Al catechismo, il prete deve parlare di questa vita di quartiere, non solo per mettere in guardia, ma anche per destare la responsabilità dei piccoli cristiani di quel cantuccio, per interessarsi dei loro sforzi, per accennare alle miserie che si possono sfiorare. Bisogna anche segnalare militanti adulti dei dintorni, i ragazzi di un tempo rimasti cristiani: quel fratello maggiore di Giovanni, un giocista, e quella bella famiglia cristiana, così caritatevole con tutti... La perseveranza infantile è in giuoco in pieno quartiere. Noi abbiamo tre anni di tempo per equipaggiare il bambino con un ambiente cristiano disposto a spalleggiarlo dopo la Comunione.

Famiglia - Scuola - Quartiere: tre ambienti naturali da penetrare successivamente di spirito cristiano. Come siamo lontani dal catechismo in sala chiusa! E questo catechismo come oltrepassa le due ore regolamentari!... Tali preoccupazioni, se non sono sempre seguite dal rendimento scontato, finiscono tuttavia per dare quella mentalità autenticamente cristiana e missionaria che fa vivere la fede nello stesso tempo in cui essa si pone.

È questo il catechismo meritevole di quel titolo che gli assegnò Pio XI: la prima scuola d' Azione Cattolica.

 

  1. Al servizio d'un catechismo missionario: piano e quaderni.

Non bastano le preoccupazioni missionarie. I libri danno poco luogo a tale orientamento: non è questa la loro parte. Come equipaggiarsi, per fronteggiare l'evangelizzazione simultanea di quegli ambienti naturali, nelle poche ore d'incontro col bambino?

A questo proposito, ecco qui un abbozzo di monografia, che darà forse un'idea per incarnare tali esigenze d'un catechismo missionario.
Il catechismo femminile del terzo anno si è forgiato due strumenti per questa iniziazione:

  1. per il prete: il piano progressivo;
  2. per il bambino: il quaderno speciale.

I. - Il piano progressivo permetterà al prete di costituire un legame fra lui e la signorina catechista, e di sincronizzare delle iniziazioni intorno alle lezioni di catechismo e del ciclo liturgico. In questo piano si possono distinguere:

a) le fonti d'ispirazioni: catechismo,
    le feste liturgiche,
    la vita parrocchiale: prediche, solennità paraliturgiche, fatti diversi, la lezione di catechismo: da mettere nella vita;

b) la sintesi dottrinale del catechismo: sotto forma di motivi ripetuti, d'idee forzate progressivamente svolte e sempre ribadite;

c) l’iniziazione cristiana: un'abitudine cristiana da crearsi (preghiera, messa, confessione, comunione. Non bisogna aver paura di fermarsi un mese su un solo obbiettivo).

d) le attività catechistiche: in squadra o in inter-squa Ad esempio, il controllo dei compagni di scuola, i disegni, la messa in lavoro di traforo o secondo quadri, i canti, i racconti.

Una grande tavola sinottica con colonne sincronizza per ogni giovedì questi temi diversi. La materia non manca in problemi di vita, d'attualità, ripresi più volte, discussi, senza bisogno di nesso logico fra quelle differenti parti d'uno stesso piano.

 

II. - La seconda ora di catechismo, affidata unicamente a qualche signorina catechistica, servirà a formare una riunione in gruppetti, in una sala o all’aperto, intorno ad un modesto quaderno, che s'intitola «La mia imitazione di Gesù Bambino». Questa volta, neanche la traccia scolastica delle correzioni. Si tratta del riflesso della coscienza che il bambino ha di condurre una vita seriamente cristiana, D 'altronde, quel quaderno sarà tenuto con cura speciale, foderato, fregiato, A che serve?

  1. a permettere un’iniziazione continuata ed applicata al Vangelo;
  2. a porre e risolvere i casi di coscienza più abituali della vita infantile;
  3. a dare conto degli sforzi comuni compiuti in ogni settimana, sotto forma di «consegne».

Il meccanismo è dei più semplici: quattro cinque domande poligrafate vengono poste al bambino, che le mette nel suo quaderno, dopo qualche spiegazione molto generale della Signorina di catechismo. Si passa poi alla spiegazione più dettagliata, animata per lo più dalle domande alle quali il quaderno ha risposto durante la settimana.

— Come hai risposto a questa domanda? e tu? che cosa bisognava rispondere? Correggi tu stesso a matita.

Ed ecco girata una pagina del Vangelo: quel tale miracolo di Cristo. Qui pagina una pagina s’adorna d'una cornice della legge di carità. Le pagine di sinistra sono sempre riservate ad una specie di fuori-testo: disegni, immaginette incollate, brani suggestivi del Vangelo.

Anche gli sforzi d'apostolato prendono corpo in timide richieste: il piano del quartiere, i nomi dei cristiani del quartiere, i bambini non battezzati, ecc... I casi di coscienza non sono privi d'interesse; spesso la spiegazione è interrotta da una spontanea confidenza infantile, con un'uscita che ha provocato la domanda.

Infine, la parte migliore del quaderno è precisamente quell'imitazione di Gesù Bambino che consiste nel mantenere per otto giorni un’unica risoluzione ben segnata su quel quaderno con altrettante crocette quanti sono giorni.

Non si esiterà a confessare:
— Mi Sono dimenticato... Non ho potuto.

Ecco tutto: ed è molto, quando ci si vuole dilungare un po', lasciar andare la conversazione, raccontare il Vangelo od ascoltare qualche spontanea narrazione di vita. Ci vogliono piccoli gruppi di bambini e qui sta la difficoltà, sia locale che ausiliare. Persuadiamoci però che i risultati valgono la pena di tendervi... Questa pedagogia richiede bambini più svegli. È cosa più prudente mettere da una parte i fanciulli veramente ritardatari, per affidarli ad una devota ausiliaria, che nel frattempo si contenterà di ripetere le cose più essenziali della dottrina.

Ecco qualche esempio di quei questionari:

1° febbraio, lezione sul battesimo.

— Incorniciare con un bel fregio la data ed il luogo del vostro battesimo (a sinistra).

— Inventate una preghiera, per rendere grazie del vostro battesimo.

— Eliana è una neonata di tre mesi, muore dopo che la sua mamma, per battezzarla, le ha tracciato sulla fronte un segno di croce con un dito umido. È battezzata? in caso contrario, dove va la sua anima? Dire le parole di Nostro Signore che spiegano la grazia col succo della vite (cercare la pagina).

— Clotilde rimpiange di aver rubato, perchè la sua mamma l'ha rimproverata aspramente: è contrizione la sua?

Consegna: recitare ogni sera un atto di contrizione.

 

15 febbraio - in quaresima.

— Cercare il Vangelo della tentazione di Gesù nel deserto: quali sono i peccati che Satana propone? Dite come Satana propone a voi gli stessi peccati.

— Inquadrate (a sinistra) la risoluzione della vostra quaresima: perchè un cristiano fa quaresima?

— Scrivere una preghiera secondo una messa quaresimale, per chiedere lo spirito di sacrificio.

Consegna: una settimana di sacrifici, per cominciare la quaresima.

 

Bisogna tenere conto dei problemi di vita per la perseveranza? Certo, e più che mai.

Ecco, a titolo di catechismo di perseveranza, qualche indicazione di una prova a Colombes, in corso di realizzazione. All'inizio del terzo trimestre, i bambini ricevono un quaderno in sostituzione dell'«Imitazione del Bambino Gesù». Esso è destinato a preparare la Promessa e poi a concretare la Perseveranza. Contiene le idee-base esposte nel catechismo, le indicazioni per il ritiro della Comunione solenne, il testo della Promessa con illustrazioni, con la firma dell'interessato, con qualche parolina dei genitori e degli amici (una specie di libretto aureo scritto nel giorno della Comunione): vi sono anche le indicazioni necessarie per formare squadra nel quartiere con gli altri cristiani, piccoli e grandi (indirizzo dei militanti, dei giovani, e piano del quartiere).

Contemporaneamente i bambini si raggruppano in bande chiamate catenelle, secondo i legami naturali che già esistono per mezzo della scuola e del quartiere: sono di solito da sei a dodici, con una specie di capo responsabile, quanto più possibile, influente. Ogni mese ha luogo una riunione per tutta la catenella, con il prete e la signorina catechista: vi si parla di questioni religiose, del Vangelo: tutto viene raccolto nel quaderno. La riunione si fa a domicilio. Il quaderno aggiornato (un compito interessante per ogni mese) prova che si vuole perseverare. Questo catechismo, nella vita, non reca pregiudizio ai già esistenti movimenti infantili, e permette di avere contatto con la maggior parte dei fanciulli. Ciascuno di essi è nel medesimo tempo seguito - tanto lui come la sua famiglia - da un militante d'una famiglia militante del vicinato. Questo insieme di contrafforti permette d'aspettare la maggiore età cristiana del bambino, e cioè generalmente l'ingresso al lavoro.

Questi appunti sono senza dubbio troppo brevi, per dare un'idea esatta delle realizzazioni possibili d'un catechismo missionario. Essi aspirano solo a destare il più possibile la preoccupazione di un tal catechismo: vorrebbero solamente suscitare un più libero scambio di tutti coloro che devono rispondere dell'anima dei bambini d'oggidì, i nostri militanti di domani, quelli che forgiano l'Azione Cattolica dell'avvenire.

Non temiamo — come diceva il cardinale Suhard nel 1941 — «di svincolarci da ogni conformismo ristretto, per adattarci alle necessità del presente».

E in un mirabile discorso sul catechismo, il pontefice Pio XI finiva di stabilire le prospettive d'un catechismo nella vita, dicendoci:
— Abbiate un catechismo vissuto e presentato come modello d'esistenza, come quadro di vita cristiana da condursi.

 

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