ARMANDO MATTEO

Fine della consolazione. Usciti dalla «valle di lacrime».

 

Il primo ed essenziale contenuto dell’Opzione Francesco riguarda l’urgenza di un cambiamento della mentalità pastorale ovvero delle modalità con cui la comunità dei credenti, di epoca in epoca, porta Gesù a tutti e tutti a Gesù. La mentalità pastorale attualmente in vigore non risulta, infatti, più efficace. Le parole e i gesti attraverso i quali i credenti presentano Gesù ai loro contemporanei e cercano di suscitare nel loro cuore un desiderio di Gesù mancano ormai del tutto di quella appetibilità che li potrebbe spingere verso una tale meta.

Al cuore di questa difficoltà, per l’Opzione Francesco, si trova ora un semplice dato di fatto: i credenti ispirano la loro azione pastorale (le loro parole e i loro gesti) a una categoria che non appare più centrale nell’universo esistenziale odierno: la categoria della consolazione, restituendo pubblicamente l’immagine dell’esperienza cristiana come di uno spazio dove si può accedere ad essa. Se è pur vero ora che un tale modo di presentare la fede cristiana, nel segno della consolazione, ha funzionato egregiamente, oggi risulta del tutto fuori misura. E questo perché sono venute meno le condizioni che avevano portato i credenti in quella direzione.

In gioco vi è qui la condizione adulta del destinatario del messaggio evangelico. In ogni epoca, il cristianesimo si dà sempre come ingrediente essenziale per vivere il tempo dell’adultità al meglio delle possibilità di ciascuno.

Ebbene, è proprio il tempo dell’adultità quello che, con il cambiamento d’epoca, ha subito il più radicale e rapido cambiamento di senso e di segno. Siamo così passati da una vita adulta breve, oppressa dal lavoro manuale, dalla scarsità di risorse materiali, dalla fame, dalle malattie, dalle guerre, dalle frustrazioni quotidiane a una condizione adulta che è sempre più caratterizzata dalla libertà, dalla potenza, dalla possibilità di godimento e di fare continue esperienze.

Ancora per i nostri genitori e per i nostri nonni era pienamente vero quello di questo mondo dice la preghiera della Salve Regina e cioè il suo essere una valle di lacrime. E proprio in una tale valle di lacrime l’esperienza cristiana si proponeva opportunamente quale luogo della consolazione e del contenimento dell’angoscia adulta di essere posti irrimediabilmente dinnanzi al durissimo mestiere di vivere.

Da qui si comprende lo sfondo e il fondamento della mentalità pastorale del passato, con l’importanza attribuita al peccato – originale e dei singoli – nel presentare il tema della salvezza e della fede, con la centralità della sofferenza nella considerazione della redenzione portata da Cristo, con il costante riferimento a Maria modello supremo di prontezza e di obbedienza al disegno divino, con l’ampia devozione dei Santi, molti dei quali specializzati in un particolare ambito sanitario, con il rinvio di ogni ricompensa e di ogni giustizia rispetto ai torti subìti al destino ultraterreno del paradiso che attende coloro che vivono seguendo le indicazioni morali e i precetti della Chiesa.

Ma noi e i nostri contemporanei non siamo più i nostri genitori e non siamo più i nostri nonni.

 

Vita Pastorale 1/2023

 


ARMANDO MATTEO

Eclissi della fede adulta

Le nuove generazioni non ritengono la Chiesa significativa per le scelte della loro esistenza 

 

Sono ormai anni che assistiamo all'emer­gere e all'espandersi di una particolare forma di indifferenza, da parte del mondo giovanile, nei confronti dell'esperienza del credere cri­stiano. Con la dovuta amarezza, ne ha preso atto anche il Sinodo dei vescovi dedicato alle nuove generazioni ce­lebrato nel 2018. Come si può leggere, infatti, al nume­ro 40 dell'Esortazione postsinodale di papa Francesco Christus vivit, la situazione è al riguardo particolarmen­te grave: «Al Sinodo si è riconosciuto che "un numero consistente di giovani, per le ragioni più diverse, non chiedono nulla alla Chiesa perché non la ritengono significativa per la loro esistenza. Alcuni, anzi, chiedono espressamente d'essere lasciati in pace, poiché sentono la sua presenza come fastidiosa e perfino irritante"» .

Queste considerazioni trovano un riscontro prati­co nell'assenza sempre più marcata di giovani che le no­stre assemblee liturgiche debbono, ogni domenica, re­gistrare. La Messa sembra non essere più una cosa per giovani. Ma come si è giunti a una tale situazione e cosa sarebbe possibile fare per invertire tale tendenza?

Intanto c'è da aggiungere che a rendere le cose più complesse è il dato per il quale, almeno nel nostro Paese, sono ancora tanti i bambini che frequentano l'itine­rario per la Prima Comunione, così come sono non po­chi i ragazzi che frequentano la comunità parrocchiale sino alla Cresima e si avvalgono pure dell' Ora di insegna­mento della religione a scuola. Tante associazioni e mo­vimenti propri della galassia cattolica risultano ancora attraenti per queste fasce d'età. Eppure, a un certo pun­to, s'impone in questi bambini e ragazzi divenuti giova­ni un venir meno dell'interesse per quelle cose cui la co­munità cristiana dedica la sua viva attenzione, come per esempio la celebrazione domenicale. A un certo punto, insomma, i neocomunicati e i neocresimati sem­plicemente spariscono. Perché accade questo?

Dal punto di vista di chi scrive, questi giovanissi­mi e questi giovani che non vengono più, in verità, non vengono più in quanto non sono stati aiutati a ca­pire la bellezza e la profondità del mistero eucaristico

E la ragione per la quale ora la comunità credente - fedeli e pastori - non aiuta i giovani a cogliere l' effica­ce e potente legame esistente tra la celebrazione dome­nicale del mistero eucaristico e l'orientamento decisi­vo che ciascuno è chiamato a dare alla propria esisten­za in vista del proprio compimento da umano, si trova nel fatto che la comunità credente dà ancora per scontato che la popolazione adulta attuale - in soldoni, i geni­tori dei ragazzi del catechismo - sia testimone quoti­diano e concreto di quel legame.

Immagina, insomma, che i nostri ragazzi e giovani siano a contatto con adulti che credono non solo a pa­role o a slogan ma anche con e nella propria vita. Ed è per questo che mantiene in vita un sistema di iniziazio­ne all'esperienza del credere cristiano che può fare a meno di affrontare il nodo di come raccordare la cresci­ta nell'umano e l'apertura alla fede in Gesù; che può cioè fare a meno di rispondere alla domanda decisiva che si impone, a un certo punto, nei piccoli e nei meno piccoli del catechismo del come essere cristiani in paro­le e opere, quando si smette di essere bambini e adole­scenti. Una risposta - si presuppone - che viene sem­plicemente data dai loro genitori. Cosa che appunto non accade. La conseguenza è, allora, che, nel momen­to esatto in cui si smette di essere bambini e adolescen­ti, si smette pure di andare a catechismo, a Messa, di credere a Gesù, a Dio e alla Chiesa.

Se analizzata attentamente l'assenza dei giova­ni all'appuntamento domenicale può diventare l'indi­cazione del reale processo e percorso che oggi la comu­nità dei credenti deve compiere: il processo e il percor­so di un ascolto e di una considerazione puntuale delle radicali trasformazioni che hanno toccato il modo dell'esser al mondo degli adulti, negli ultimi quattro de­cenni. E che hanno portato questi ultimi a una visione e versione totalmente "postcristiana" dell'esistenza.

L'adulto del nostro tempo non è più l'adulto della ''valle di lacrime" che ancora presuppone l'intero sistema pa­storale attuale.

È l'adulto del benessere, della libertà, del potere. È, in verità, "l'adulto Peter Pan" che non vuole più crescere e che non è disposto più a credere ad altro che non sia il godimento della propria esistenza nella forma della vita giovane. Questo adulto è il primo a non capire più le ragioni per le quali la domenica si va a Messa. Potrebbe ora comunicarle ai suoi cuccioli?

li vuoto dei giovani a Messa è, dunque, indice del vuoto di quella testimonianza cristiana che gli adulti non offrono più ai giovani. E, più in profondità, segno di quell'eclissi del cristianesimo domestico, che è stata la leva straordinaria su cui le parrocchie e i movimenti hanno sinora potuto fare felice e fecondo affidamento per portare avanti il compito primario dell' evangelizza­zione. È, da ultimo, invito ad affrontare con più corag­gio il trionfo di Peter Pan nel cuore degli adulti e delle adulte attuali, i quali rischiano concretamente non solo di non far più crescere ma anche di non iniziare all' espe­rienza credente nessuno dei loro cuccioli.

 

Vita Pastorale 11/2022